Ci sono quelli che vengono schiantati dal dolore. Quelli che diventano pensosi. Quelli che parlano del più e del meno sull’orlo della tomba, e continuano in macchina, del più e del meno, neanche del morto, di piccole cose domestiche, ci sono quelli che dopo si suicideranno e non glielo si legge in faccia, ci sono quelli che piangono molto e cicatrizzano in fretta; quelli che annegano nelle lacrime che versano, quelli che sono contenti, sbarazzati da qualcuno, quelli che non riescono a più a vedere il morto, tentano ma non ce la fanno, il morto ha portato con sè la propria immagine, ci sono quelli che vedono il morto ovunque, vorrebbero cancellarlo, vendono i suoi tre stracci, bruciano le sue cose, traslocano, cambiano continente, ci riprovano con un vivo, ma niente da fare, il morto è sempre lì, nel retrovisore, ci sono quelli che fanno il pic nic al cimitero e quelli che lo evitano perchè hanno una tomba scavata nella testa, ci sono quelli che non mangiano più, quelli che bevono, quelli che si domandano se il loro dolore è autentico o costruito, ci sono quelli che si ammazzano di lavoro e quelli che finalmente si prendono una vacanza, ci sono quelli che trovano la morte scandalosa e quelli che la trovano naturale con l’età-per-cui, circostanze-che-fanno-sì-che, è la guerra, è la malattia, è la moto, la macchina, l’epoca, la vita, ci sono quelli che trovano che la morte sia la vita. E ci sono quelli che fanno una cosa qualsiasi. Che per esempio si mettono a correre, a correre come se non dovessero mai fermarsi. E’ il mio caso.
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