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Allungo un poco la strada per passare accanto al Verano dov'è sepolto mio padre. È da molto che non vado a trovarlo e anche oggi non ho tempo; e poi, di notte, è chiuso. L'ultima volta che sono stata a fargli visita era ancora inverno e le giornate erano corte. Nella penombra delle cinque si vedevano i lumini rossi accesi davanti ad ogni loculo. «Un vero spettacolo a luci rosse» mi era venuto da pensare; l'oscenità di uno spiare, al di là di una parete sottile, un corpo che va in sfacelo, non è una perversione? solo per la lontana ipotesi che un giorno le trombe del giudizio suonino a raccolta e i morti si levino dalle tombe per camminare felici verso giardini del paradiso. Non è meglio farsi cremare come fanno gli indiani? una lettiga trasportata a braccia dai parenti, il morto stretto dentro le fasce candide, una pira di legni profumati, una rapida fiammata, il crepitio dei rami, il fumo che sale a volute schiumose verso il cielo, in un quarto d'ora è tutto finito. Due mani pietose raccolgono le ceneri e le spargono nel Gange.

 


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